Oggi stavo riflettendo su questa domanda: come parlare della propria ansia? E con chi?
Stavo ripensando alla mia esperienza e ai tanti messaggi che ricevo ogni giorno. Le persone mi scrivono perché vogliono condividere cosa sentono e vogliono sapere cosa ho fatto io.
Mi chiedono “ma anche tu?”, oppure “è normale?, anche gli altri provano gli stessi sintomi o hanno gli stessi pensieri?”.
Ebbene si, più o meno sono sempre le stesse cose che si ripetono, ma l’aspetto più importante rimane il bisogno di parlarne, di sapere, di condividere.
Non lo si fa con tutti, e molte volte non lo si fa in pubblico. Si preferisce scrivere un messaggio privato o una email privata perché ci si vergogna di dire che si prova ansia e si ha paura. Oppure, si va nei forum. La voglia di parlarne è molto forte e quindi in un qualche modo lo si fa.
Ma cosa accade se si condividono le emozioni solo con le persone che hanno o stanno vivendo la tua esperienza? Fa bene? Quando bisogna guardare ad altre realtà?
Vi voglio portare un esempio di quando certe condivisioni sono deleterie e rischiano di farti rimanere nel problema.
Qualche tempo fa stavo leggendo in un forum delle esperienze relative all’ansia e alle metodologie alternative per gestirla.
Lasciatemi fare questa premessa: chi ha la forza e il coraggio di scrivere e condividere in un forum tendenzialmente non è patologico e non ha un disturbo d’ansia, ma ha uno stile di vita ansioso, che sono due cose bene diverse.
Comunque, questa ragazza stava cercando confronti (non soluzioni) su esperienze di vite ansiose, ponendo la domanda: “per quanto tempo avete preso psicofarmaci?”. Le risposte a questo topic sono state di due tipologie.
Da una parte chi si immedesimava completamente nelle righe scritte rispondendo cose del tipo: “senza medicinali è impossibile”, “ci vogliono anni e anni di psicoterapia” oppure la mia preferita “dovremmo abituarci per tutta la vita a convivere con questo stato d’animo”.
Dall’altra parte persone che facevano presente che tornare a stare bene si può. Sapevano ben distinguere uno stile di vita ansioso da una patologia e descrivevano come sono riusciti attraverso azioni e volontà a creare uno stile di vita nuovo.
Con molto mio stupore, ma forse non troppo 🙂 , il secondo gruppo è stato attaccato ferocemente. Addirittura qualcuno è stato accusato di farsi pubblicità.
Allora serve o no condividere?
Dipende dallo scopo che si ha.
Se vuoi raccontarti e hai l’obiettivo di trovare soluzioni si è fondamentale condividere e raccontare. Ma fallo nei contesti dove ci sono persone che possono guidarti con l’esempio.
Se invece il tuo obiettivo è cercare conforto non farlo. Non condividere. Parlare e riparlare dei propri problemi non fa altro che tenere il tuo focus sul problema e starai sempre peggio. Arriverai all’autocommiserazione, a pensare che il mondo ce l’ha con te perché tu stai male e gli altri no. Anzi si odia chi sta bene o chi ce l’ha fatta pensando quanto è stato fortunato.
Sono passata anche io per questa fase, soprattutto quando ero ricoverata. Questo atteggiamento mi stava portando ad affondare. Vedevo solo il nero. Le persone felici che avevo accanto mi davano fastidio. Stavo bene solo quando potevo lamentarmi e fare un po’ la vittima.
Poi ad un certo punto ho toccato il fondo. E quel giorno riaprendo gli occhi dopo essermi imbottita di psicofarmaci ho capito dove dovevo guardare. Avevo capito dove quei pensieri mi avevano portato.
Ecco la regola d’oro
Circondati di persone che ce l’hanno fatta. Persone che possono farti vedere il tuo problema da una prospettiva diversa. Non avercela con loro, ma sfruttali, chiedi cosa hanno fatto e cosa fanno ogni giorno per stare bene.
[Tweet theme=”basic-full”]Le persone felici si allenano ogni giorno per esserlo.[/Tweet]
Le persone felici si allenano ogni giorno per esserlo: compiono delle azioni, pensano in un determinato modo e si circondano di gioia e felicità.