Come ormai abitudine, ho chiesto alla dott.sa psicoterapeuta Cristina Borroni di scrivere qualcosa sull’ansia dal suo punto di vista. Penso che sia molto importante arricchire la nostra mente con punti di vista diversi o addirittura, come in questo caso, che si completano.
Quando mi è stato chiesto di parlare dell’Ansia, mi sono interrogata a lungo su quale taglio dare a questo tema e poi mi è tornato tra le mani un libro a me molto caro: “Le figure dell’ansia” di Eugenio Bornia e così ho deciso di seguire il filo del suo discorso sull’ansia…
Bornia afferma che l’ansia oscilla nei suoi modi di essere da un’ansia normale ad un’ansia neurotica, da un’ansia che si inserisce nel disturbo psicosomatico ad un’ansia che fa parte della depressione e dell’esperienza psicotica per eccellenza, da un’ansia che lascia le sue prime tracce talora indelebili nell’adolescenza ad un’ansia che si nasconde nel cuore di alcune situazioni psicologiche e umane.
Insomma, l’ansia fa parte della vita, del mondo della vita ed è la premessa alla maturazione emozionale di ciascuno di noi facendo a volte da sfondo ad alcune nostre esperienze creative.
L’ansia nella sua dimensione clinica e psicopatologica è caratterizzata da un’ansia generalizzata che si estende nel tempo e di un’ansia panica che si frantuma in una crisi acuta, da un’ansia che si trasforma in un disturbo psicosomatico e che ha nel cuore nella forma di vita anoressica le sue espressioni più significative; ma c’è anche l’ansia che si accompagna al nascere e al divenire della depressione e dell’esperienza psicotica dissociativa.
L’ansia però può essere considerata anche dal punto di vista esistenziale, ossia nel suo essere esperienza radicalmente umana, con la quale ciascuno di noi deve fare i conti, nel suo essere esperienza che collega e separa l’adolescenza dalla post adolescenza, caratterizzate da grandi conflittualità; nel suo essere esperienza che anima l’attesa e la nostalgia, la solitudine e la timidezza, l’apertura al tempo o la sua chiusura e infine nel suo essere esperienza umana che si fa sofferenza profonda e intollerabile.
Infine l’ansia può essere vista anche nelle sue risonanze estetiche e creative di alcune bellissime esperienze poetiche e narrative, figurative e cinematografiche.
Sono convinta, dunque, che l’ansia non è sempre una “malattia” alla quale si possa sentirsi estranei, ma è un’esperienza che colpisce al cuore ciascuno di noi.
Dunque cosa fare per spegnere l’ansia che ci provoca sofferenza?
Nella mia esperienza prima di tutto personale e poi clinica, risponderei: “Accettala”. La soluzione per superare gli stati d’ansia consiste nel guardarsi dentro senza negare, né fingere, così le paure e le ansie smettono di essere delle ossessioni…
[Tweet theme=”basic-full”]Bisogna imparare a partecipare pienamente a quello che accade, ad essere presenti nel presente.[/Tweet]
Non è dunque una scelta libera e consapevole e per questo rischia di scavare nel tempo un senso di vuoto e di inconsistenza che si può tradurre in una depressione reattiva. Perciò sarebbe auspicabile provare a smettere di negare i fatti negativi, imparando piuttosto a percepirli con sguardo aperto e non giudicante.
Se arriva la paura, proviamo a dire a noi stessi: “Ecco la mia paura, non cerco di pensare ad altro, resto qui con lei, per un po’”. Magari sul momento si soffrirà di più, ma si imparerà poco a poco che quell’emozione non viene per distruggerci, ma è una parte importante di noi.
Dunque è importante “NOMINARE” l’ansia: chi nega l’evidenza spesso non chiama le cose con il loro nome e tende a sostituirle con allusioni o perifrasi. Parole come” ansia“, “infelicità”, “depressione”, o frasi come “non ti amo più” o “sono ingrassato” vengono bandite. Ogni “negatore” ha le sue parole tabù. Iniziare a pronunciarle quando serve è un ottimo esercizio per ricominciare ad ascoltarsi.
Infine, avere la capacità di “ATTENDERE” quando si ammette di avere un problema; infatti il rischio può essere quello di cercare immediatamente soluzioni drastiche e semplicistiche del tipo “tutto o niente”. Invece, occorre imparare a non dare risposte “reattive”. Se il primo passo è ascoltare l’interiorità, il secondo è quindi attendere. Non avere fretta, e sostituirai le tue soluzioni “cerebrali” a quelle su misura per te, che l’anima può farti scoprire poco alla volta, traducendole in azioni che ti permetteranno di trasformare l’ansia in un’alleata.
Concludo lasciandovi un piccolo esercizio che si può fare durante una crisi d’ansia:
Rifugiati nel punto: mentre senti l’ ansia arrivare, chiudi gli occhi e cerca un punto dentro di te, nel tuo corpo, che non viene toccato da nulla. In quel punto quel dolore, quell’ ansia non esiste. Rifugiati in quel punto. È il tuo punto luminoso, inviolabile… Stai lì e immagina che quel punto cominci espandersi… piano piano… fino a che il tuo corpo viene irradiato dall’energia benefica racchiusa nel punto inviolabile. Lentamente arriverà la pace e l’ansia sfumerà all’orizzonte.
Come sempre grazie Cristina per il tuo splendido contributo.