Oggi mi sono seduta sul prato di casa mia e ho pianto.
Ho pianto tanto.
No, non me ne vergogno a dirlo.
Ho pianto perché mi sento sola.
Ho pianto perché vedo i miei pazienti solo attraverso uno schermo.
Ho pianto perché sono stanca di comunicare via messaggio o via telefono.
Ho pianto perchè vorrei abbracciare i miei genitori.
Ho pianto perchè mi manca la relazione umana.
Mi sono sentita stanca.
Stanca fisicamente e stanca nella testa.
Mi sento pesante dentro.
Sento il bisogno di dirle queste sensazioni, di condividerle.
Poi mi viene da pensare chissà quanti altri come me si portano dentro questi pesi emotivi ma non lo dicono.
Siamo in un momento in cui pare che oltre le restrizioni fisiche abbiano dato delle restrizioni anche emotive.
Si vive in silenzio o in punta di piedi.
Oggi mi sono domandata perchè non avessi pianto prima anzichè aspettare fino ad oggi.
Mi sono chiesta perché mi sono imposta questa restrizione?
Già, mi sono dimenticata di chiedermi come sto.
Lo faccio sempre con gli altri ma non lo faccio quasi mai con me stessa.
Forse, ho pensato, è così che si sentono anche gli altri.
É come se si avesse paura anche di sentire le emozioni.
É più facile fare polemiche o salire in cattedra, è meno facile fermarsi veramente e chiedersi come ci si sente.
La verità è che non ci siamo ancora veramente fermati. Facciamo finta di essere in vacanza, forse perché anche le figure come le mie vi dicono di fare così. Facciamo finta che le giornate passino e che in fin dei conti questo tempo ci stia aiutando a ritrovare noi stessi.
Cazzate.
Non è così. Questo tempo ci può aiutare a ritrovare noi stessi se lo viviamo nel qui e ora.
Vivere questo momento nel qui e ora è molto doloroso, quindi ci stiamo raccontando un sacco di frottole sul fatto che stiamo bene.
Soprattutto vengono omesse un sacco di informazioni rispetto la salute psicologica delle persone in questo momento, passata completamente in secondo piano.
Come faccio a saperlo?
Ricevo ogni giorno numerose richieste di aiuto.
Passo ogni giorno almeno 9 ore tra telefono e skype più altre ore a chattare con le persone.
Si, parlo con persone che hanno paura, che piangono, e che pensano di essere malati perchè provano certe emozioni.
Mi si stringe il cuore a sentire il racconto delle loro emozioni.
Mi si stringe il cuore a pensare che anche io sono una di loro.
Mi si stringe il cuore a pensare che a volte anche io posso fare bene poco.
Mi si stringe il cuore a consapevolizzare il fatto che questa costrizione fisica sia diventata anche emotiva.
Dai, non raccontiamoci più cazzate come, “adesso è il momento di rispettare le regole, poi ci sarà tempo per uscire e vedere gli amici”.
Si, è vero poi ci sarà tempo per farlo, ma forse non saremo più abituati a farlo perchè la paura ci sta insegnando che l’altro è pericoloso.
Basterebbe così poco, un po’ di tatto emotivo in più nelle forme comunicative utilizzate. Basterebbe semplicemente un po’ di cuore, e sono sicura che questo coronavirus un po’ di cuore lo abbia.