Vi capita mai di sentirvi soli?
Magari avete una vita piena, avete tanta gente vicina ma nel vostro cuore c’è questa tremenda sensazione di solitudine.
A volte mi capita di svegliarmi di salutare mio marito ma in cuore mio vorrei dirgli “non lasciarmi, rimani con me oggi”.
Preparo me e mio figlio, arriviamo all’asilo e non vorrei lasciarlo lì.
Non sono mai stata forte negli addii.
Nella mia testa c’era sempre quella vocina che mi sussurava “non lasciarmi”.
La paura dell’abbandono, la paura del rimanere da soli, la paura di non essere accuditi, genera nell’essere umano una triade di emozioni che potremmo definire distruttive: ansia, frustrazione e rabbia.
In psicologia si parla di stile di attaccamento, un fattore che influenza la modalità con cui affronteremo le relazioni interpersonali da adulti.
Nella vita di tutti i giorni ci relazioniamo in continuazione. Ogni volta che abbiamo a che fare con le altre persone il nostro sistema emotivo si attiva.
Questa attivazione avviene seguendo un pattern di comportamento che abbiamo imparato crescendo. É influenzato dalle nostre aspettative e dai nostri bisogni di cui spesso non siamo consapevoli.
A volte non capiamo perché abbiamo delle reazioni forti a determinate situazioni, sentendoci così sbagliati.
Consapevolizzare ciò che realmente si sente in quell momento in cui la ferita si apre è un passo molto importante per capire come riuscire a gestire diversamente quelle situazioni in cui ci si senti soli, abbandonati e non accuditi.
Vi faccio un esempio concreto.
Pensate a tutte quelle volte in cui avete discusso con il vostro partner.
Magari avete detto frasi come “non sono importante per te” oppure “io vengo sempre dopo a tutto”, o ancora “non sei mai presente”.
Con queste frasi stiamo dicendo al nostro partner: “non lasciarmi”.
Questo non lasciarmi porta con sè tante emozioni e tanti pensieri: ho bisogno di te, vorrei che mi abbracciassi, ho paura stai con me.
Ecco che allora diventa importante in quei momenti in cui sentiamo quella “tremenda sensazione” nel cuore, fermarsi e domandarsi “cosa mi sta dicendo questa emozione realmente?”
In questo modo possiamo evitare di entrare nella triade esplosiva e possiamo esprimere a chi ci sta accanto il reale bisogno che abbiamo.
É brutto dirlo, ma purtroppo le altre persone non leggono nel nostro cuore e se non ci si abitua ad esprimere le emozioni che si hanno è difficile che possano aiutarci.
Certo, questo non vuol dire che tutti siano disposti a farlo però, penso che ne valga sempre la pena provare anziché pensare erroneamente di essere incompresi.
Quando si entra in questi loop di pensieri si tende a sviluppare un atteggiamento piuttosto egoista. In quell momento vorremmo tutti fossero pronti a capire ciò che succede nel nostro cuore e nella nostre mente.
Ma non funziona così.
Sapete perché?
Perché ognuno vive la sua realtà fatta delle proprie emozioni.
Non si può pretendere che ciò si sta vivendo in un determinate momento sia considerato importante dagli altri.
La prima persona che dovrebbe dare importanza a ciò che senti sei tu.
Questo vuol dire responsabilizzazione emotiva. Essere responsabili verso ciò che si prova. Solo così potremmo darci l’opportunità di essere compresi e aiutati.
Non avere paura a dire quel “non lasciarmi, stammi vicino, ho bisogno di te”, non sei dipendente affettivamente sei solo umano.