Ormai molti di voi mi conoscono, almeno via social. Qualcuno mi segue per le emozioni, altri hanno seguito e seguono le mie peripezie con Patrick Dempsey e il progetto che con l’aiuto di una persona speciale, Serena, ha preso il via.
Non è passato nemmeno un anno da quando per gioco aprii la pagina Salviamo Derek Shepherd (forse qualcuno di voi non sa cosa sia, ma poco importa) e da quando il mio progetto lasciato per anni in un cassetto ha preso vita.
Si, è così che nasce la Onlus The Bridge For Hope.
Un progetto per la vita, un ponte di speranza per le persone che stanno portando avanti una lotta molto dura. Qualcuno si salva, qualcuno no. Purtroppo conosco molto bene il dolore di una vita che si spezza per il cancro, troppe volte ho sentito quel dolore nelle persone che accompagnano chi combatte questa lotta. Troppe volte ho visto vite spezzarsi prima che effettivamente fosse veramente finita. Ecco perché avevo messo nel cassetto questo progetto: una speranza, un sorriso per chi lotta. Dato che si deve comunque combattere perché non farlo in maniera diversa? Ma cosa mai avrei potuto fare io in situazioni come queste? Si, è vero, io sono stata dalla parte di chi accompagna purtroppo, ma cosa avrei potuto fare di diverso?
La risposta finalmente arriva l’anno scorso. Un sogno, un viaggio, un’amicizia. Il mio incontro con il Patrick Dempsey Cancer Center mi porta a indentificare in questa struttura le attività che possono dare una svolta, almeno a livello emozionale alle persone malate di cancro e ai loro familiari. Molto spesso quando c’è di mezzo la malattia, in maniera assolutamente comprensibile, tutto quello che è cura medica ha la precedenza rispetto alla cura dell’anima. Ma se è vero che anima e corpo sono in comunicazione forse può aiutare anche curare l’anima.
Quando si è malati a volte sembra che non si sia più una persona. Farmaci, cure, medici ecc. questo vale per tutte le malattie. Ci si dimentica che siamo prima di tutto cuore, e che siamo persone. Il nostro cuore ha bisogno anche di altre cose a parte le cure mediche, per questo che ho amato fin da subito l’approccio del Dempsey Center. Un approccio incentrato sulla persona, da portare avanti insieme all’approccio classico medico.
Ci sono tante attività che si fanno al centro, come yoga, massaggi, reiki, incontri di coaching ecc. Tutte attività che, purtroppo, ancora si fa fatica a trovare nei classici centri di supporto oncologico tradizionali. Devo dire che negli ultimi anni le attività in Italia sono molto migliorate da questo punto di vista, anche se ancora non abbastanza per dare una svolta.
Ecco quale è la mia mission con The Bridge For Hope. Creare un approccio dove la persona viene prima di tutto, e non importa se le attività utilizzate sono un po’ al limite della comprensione scientifica, ma quello che conta è l’effetto che ha sulla persona che è malata. Tra le varie attività di sicuro Yoga della Risata e l’utilizzo di visualizzazioni per guidare il corpo attraverso il potere delle immagini mentali. Come farò tutto questo? Di sicuro anche grazie all’appoggio delle persone che crederanno in questo progetto, e grazie al fatto che questo è un progetto per la vita.