Quando ho deciso di approfondire lo Yoga della Risata come strumento della Laughter Therapy non sapevo tutto ciò che avrebbe potuto portare nella mia vita e nella vita delle persone che incontro ogni giorno.
Sembra una giornata come tante altre, ma non la è.
È un giovedì speciale che capita una volta al mese in cui mi reco insieme al mio compagno Gianpaolo al centro diurno dove sono ospitati ragazzi cerebrolesi.
Arriviamo e i ragazzi sono già lì ad aspettarci insieme agli operatori, qualche genitore e qualche visitatore.
Molti di loro sono sulla carrozzina e chi non lo è fa fatica a fare dei movimenti, eppure per loro non è un limite. Aspettano ogni mese quel momento.
Appena entriamo dalla porta sento gli urletti di qualcuno che è emozionato nel vederci. I miei occhi si commuovono e per non dare troppo peso alle mie emozioni, saluto velocemente, e mi metto a montare la cassa per la musica.
Niente da fare, l’urletto di uno dei ragazzi è molto deciso. Mi vuole dire qualcosa. Mi giro e vedo che sfodera il miglior sorriso che la sua muscolatura facciale gli consente.
Mi arrendo alla mia commozione. So perfettamente lo sforzo che sta facendo anche per quello che per noi è un semplice sorriso.
La sessione inizia. Questa volta siamo veramente in tanti, si è sparsa la voce e si sono uniti genitori e visitatori.
L’atmosfera si scalda presto. Prima di iniziare il ciclo di esercizi chiedo a Teresa (nome di fantasia) dove vuole essere portata oggi e lei senza esitare un minuto risponde: “Voglio andare alle giostre”. Mi si riempie il cuore di tenerezza, anche perché so che per molti di loro è sempre stato impossibile andare al Luna Park e magari lo hanno solo vissuto da spettatori.
Insieme a Paolo decidiamo di alzare l’asticella e iniziamo a trasformare carrozzine e sedie in otto volanti, montagne russe, trenini fantasma e tagadà.
In un istante la stanza si trasforma in un Luna Park speciale per persone speciali. Tutti i volontari, genitori e operatori uniti per far fare questo viaggio a questi ragazzi.
Non servono parole, non servono spiegazioni, solo fantasia, il suono della risata e il mantra della felicità Ho Ho Ha Ha trasforma un sogno in realtà.
L’ora è terminata ma si rimane ancora lì insieme, a godersi la bella energia che si è creata.
Il viso dei ragazzi più leggero, felice insegna più di tante lauree messe insieme.
L’amore dei genitori presenti, che non perdono occasione di abbracciare e coccolare i propri figli, è un messaggio molto forte e toccante.
Ecco la mia domanda nasce spontanea: siamo noi che diamo i limiti alla malattia?
La risposta è molto semplice: sì. Certo, la malattia purtroppo può portare dei limiti oggettivi nella vita delle persona, ma questi limiti non saranno mai così grandi tanto come quelli soggettivi, cioè quelli che ci creiamo noi.
Molto spesso si va in crisi per delle stupidate, non si sorride perché qualcuno ci ha fatto questo piuttosto che quello. Molto spesso si sceglie di stare male e di rimanere nell’infelicità e di fare la vittima di Cosmo, aspettando che ci arrivi una grazia dal cielo. Molto spesso ci creiamo o creiamo dei problemi agli altri perché si decide di non comunicare. Molto spesso il nostro ego ci fa compiere azioni stupide.
Poi arriva quel giovedì che capita una sola volta al mese in cui dei ragazzi che avrebbero tutto il diritto di mandare a f…..o il mondo ridono e gioiscono alla vita.
Mi chiedete ancora perché amo lo Yoga della Risata?